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Santiago, la metafora della vita

Il Cammino di Santiago è la metafora della vita.

La strada non è sempre facile: ci sono salite e discese; strade asfaltate e sterrate; si attraversano città, montagne e campagne; a volte per tanti chilometri non c’è nulla, altre c’è troppo.

                        

Il tempo non è sempre l’ideale, a volte fa caldo altre freddo; a volte c’è il sole altre piove. Questo ci insegna l’accettazione delle cose che non possiamo cambiare.

     

Bisogna stare attenti e seguire la freccia che indica sempre la giusta direzione, altrimenti ci si perde, e quando ti perdi ti senti frustrato e arrabbiato. Tornare sulla strada buona è una fatica, spesso bisogna ripercorrere tanti chilometri già percorsi e i piedi fanno male. Ma quando ritrovi la freccia e sai di essere tornato sulla giusta via, il cuore festeggia. Le frecce sono tante e differenti, generalmente di colore giallo a volte contornate di blu e si trovano ovunque, ma non sempre sono nella stessa posizione, bisogna cercarle prestando attenzione a dove andiamo. La freccia ci insegna che bisogna spegnere i pensieri, perché sono solo una distrazione.

                                                              

Lo zaino sono i nostri problemi, quelli che portiamo con noi ogni giorno. Sappiamo di averci messo dentro troppa roba ed è troppo pesante, ma facciamo fatica a rinunciare alle cose, anche se avere tutto quel peso sulla schiena non ci fa bene. Ci rallenta e ne siamo consapevoli. Ma siamo troppo ostinati per agire subito.

Quando alla fine decidiamo di togliere qualcosa ci rendiamo conto che ciò di cui abbiamo bisogno, l’essenziale, è davvero poco. Non ci serve molto per vivere bene e raggiungere la nostra meta.

Dopo aver svuotato lo zaino ci sentiamo più leggeri, è come aver svuotato la nostra mente dai pensieri negativi. Ci rendiamo conto che tante volte siamo noi stessi a crearci problemi inutili su cui investiamo un sacco di energia preziosa. Ogni giorno dobbiamo mettere in ordine lo zaino per avere sempre le cose a posto, a portata di mano e avere il peso bilanciato. Essere più leggeri e ordinati ci aiuta a camminare meglio. Lo zaino ci insegna a distinguere le cose importanti da quelle che non lo sono.

Camminando fino a Santiago si impara ad allacciarsi le scarpe, cosa fino a quel momento ritenuta banale. Di solito si impara all’asilo, a 3 anni, ma ce lo dimentichiamo. È un semplice gesto che facciamo come automi e diamo per scontato, ma allacciarsi bene le scarpe fa la differenza quando si deve camminare così tanto. Se una è troppo stretta o troppo larga ci impedisce di camminare bene e ci fa venire le vesciche. Le scarpe ci insegnano a prestare attenzione

Il dolore fisico e la stanchezza ci portano a conoscere parti del nostro corpo che neanche sapevamo di avere. Impariamo a coccolarci. Ogni giorno ci massaggiamo, ci spalmiamo la crema, facciamo qualche esercizio per i dolori, medichiamo le vesciche e curiamo le ferite. Il dolore fisico ci insegna a prenderci più cura di noi stessi, ad amarci di più.

         

Le persone che incontriamo lungo il Cammino a volte passano dritte, altre camminano con noi per qualche minuto, qualche ora o qualche giorno. Ognuno ha il suo passo ed è per questo che non sempre si può camminare con qualcuno. A volte abbiamo bisogno di compagnia, altre di rimanere soli con le nostre emozioni. Capita che alcune persone non le rivediamo più, altre volte invece ci si ritrova più avanti. In nessun caso però possiamo obbligare gli altri a starci vicino. Possiamo scegliere di aspettare qualcuno, consapevoli che in qualche modo ci sta rallentando. Sappiamo che le persone sono più importanti del tempo e per questo lo facciamo volentieri, ma non sempre è possibile. A volte bisogna lasciar andare. Questo ci insegna che dobbiamo imparare a bastare a noi stessi.

Una delle cose che amo di più del Cammino è la condivisione. Ognuno ha la sua esperienza, sia di Cammino che di vita, ed è bello condividerla con gli altri. È bello potersi raccontare per ciò che si è, senza maschere o filtri. La verità che ti rende libero. Chissà perché a casa lo facciamo sempre poco, mentre in Cammino raccontiamo i nostri segreti più intimi a perfetti sconosciuti. Forse è la paura costante che abbiamo del giudizio degli altri. Riuscissimo a liberarcene come facciamo sul Cammino, vivremmo molto più sereni. Nessuno ha la chiave dei propri problemi. Solo la condivisione ci permette di superarli e questo, a parer mio, è uno degli insegnamenti più belli. Ogni persona che incontriamo ci arricchisce e ci migliora.

L’albergue è il nostro rifugio sicuro, quello dove lasciamo le nostre fatiche, dove riposiamo e ci rifocilliamo. Lì comprendiamo l’importanza delle cose che di solito diamo per scontate: la cucina, la doccia, il letto. Negli albergue impariamo la gratitudine.

E così come nella vita, alla fine della giornata ci ritroviamo a dover fare i conti con noi stessi. La strada verso la felicità è lunga e faticosa, ma se ci guardiamo intorno, indipendentemente da età, razza, religione, sesso o ceto sociale, la strada è la stessa per tutti. Se vuoi arrivare a Santiago quella è la via. Puoi scegliere di fare più o meno chilometri, di metterci più o meno giorni, di avere più o meno cose nello zaino, di avere un paio di scarpe piuttosto che un altro, ma quella è l’unica strada possibile.

Camminando tanti chilometri si imparano la pazienza e la fiducia. Come il Cammino, così anche la vita ci dà sempre ciò di cui abbiamo bisogno, dobbiamo semplicemente smetterla preoccuparci.

Il Cammino non finisce, ma inizia a Santiago.

Il nostro compito è quello di fare tesoro degli insegnamenti ricevuti e portarli nella nostra quotidianità, ma non sempre è facile, per questo a volte abbiamo bisogno di tornare sul Cammino.

Così come Santiago, anche la vita ci insegna qualcosa ogni giorno, e solo imparando dai nostri errori e facendo tesoro della nostra esperienza possiamo trovare la nostra felicità e viverla ogni giorno, non come una meta ma come un Cammino.

 

P.s. la prima volta che ho fatto il Cammino di Santiago ho detto più volte che non ci sarei mai più tornata. Alla terza volta la freccia che mi indica la strada giusta me la sono tatuata…

 

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