Era una calda mattina di inizio maggio. Avevo sempre desiderato andare in America; l’America dei film per intenderci… New York, Chicago, Boston, Cali…Ah, piccola ingenua, spericolata, avventurosa, istintiva, viaggiatrice mal documentata! Non avevo proprio idea di ciò che mi attendeva al mio arrivo negli States.
Il viaggio (o meglio avventura di vita durata 3 mesi) era stato un vero e proprio travaglio (ci sarebbero voluti 2 giorni per riprendermi dal fuso orario e dal volo disastroso!) Napoli – Francoforte 2 ore di volo, non male, Francoforte – Denver 16 ore d’agonia. Ricordo benissimo le tante recensioni lette sui voli diretti a Denver.
Dovete sapere che l’aeroporto di Denver è il più grande degli USA ed è noto per le tante teorie complottiste e di ufologia a esso connesse. Costruito in un luogo impervio, ad un’altezza eccessiva, e praticamente nel nulla, si dice che sia una copertura per una gigantesca base militare sotterranea, dedita a comunicazioni con extraterrestri (Chi non conosce la famosa Area 51, situata a non molta distanza?)
Appena scesi dall’aereo, sconvolta dal fuso orario (8ore indietro) e dalle 2 ore e mezza con l’agente immigrazione, tentai ovviamente di uscire dall’aeroporto e fu allora che rimasi colpita dagli inquietanti murales esoterici, ma soprattutto dalla vista di Mustang, un gigantesco cavallo rampante blu con gli occhi rossi fiammeggianti, che incombeva dall’esterno in modo apocalittico sui viaggiatori.
Il suo artista, il messicano Himenez, nel realizzarlo rimase schiacciato dalla testa che si staccò dall’opera, il che lo rende persino più inquietante ed oscuro.
Non ci volle molto per capire che l’America che mi aspettavo era sconosciuta persino agli Americani del luogo.
La prima lezione che appresi è che nella vera America, terra selvaggia, le distanze sono infinite (sarebbe meglio parlare di anni luce, anziché miglia!).
Dall’aeroporto alla maggiore città dopo Denver, ossia Colorado Springs, ci vollero 4 ore e mezza d’auto di cui 2 solo per uscire da Denver per via del traffico intenso dell’ora di punta.
La seconda lezione immediata era relativa al clima.
In Colorado non esistono stagioni, ma un mix delle 4 e il clima cambia continuamente ogni 30minuti circa (provare per credere!). Dunque in 24h si passa dal fresco tepore mattutino al sole rovente, alla pioggia battente, all’uragano con grandine violentissima (veri e propri palloni piombano dal cielo distruggendo everything) ai tornado, per poi tornare la quiete serale.
Gli abitanti del luogo ignorano letteralmente non solo il cibo italiano e l’Italia, ma disconoscono la cultura, il lifestyle, la lingua e i ritmi delle famose metropoli principali americane, NY e LA.
Il vero americano, secondo i loro dettami, è bianco, razzista (non solo verso sudamericani e stranieri, ma verso i non veri americani, newyorkesi in primis) mastica tabacco, indossa stivali e cappello da cowboy, armi ben in vista sempre presenti anche per fare la spesa, parla uno Spanglish fortemente dialettale e preferisce vivere nel nulla di meravigliose dimore coloniali con campi e fattorie.
CONTINUA…
di Marianna Somma