All’ epoca vivevo a Venezia e frequentando un “ragazzo” di Roma ero sempre alla ricerca di soluzioni economiche per poter viaggiare verso la capitale. Quella volta riuscii a trovare un passaggio in macchina davvero a pochi soldi, che sarebbe partito da Mestre in mattinata con me e altre 4 persone. Il viaggio stava proseguendo in maniera liscia e molto tranquilla. Il car-sharing lo consiglierei a tutti come esperienza da fare almeno una volta: oltre a farti ammortizzare i costi, ti offre infatti la possibilità di conoscere nuove persone e di viaggiare in un clima completamente rilassato ed amicale. Decidiamo dopo un po’ di effettuare una sosta verso Bologna per poi ripartire alla volta di Roma. Poco dopo l’immissione in autostrada, tuttavia, la macchina inizia a rallentare fino a spegnersi gradualmente. Il conducente la riaccende e ripartiamo. “Nulla di anomalo, può capitare!” penso io. Peccato che la cosa si ripeta un altro paio di volte, ed alla quarta non ripartiamo proprio più. Aiuto. Non mi sentivo tesa, ma non capendocene un’acca di macchine e motori non potevo essere per niente d’aiuto, e la cosa mi dispiaceva ovviamente. Alla fine l’unica era chiamare un carro attrezzi, ed eccolo lì, dopo circa un quarto d’ora, che si piazza davanti al nostro veicolo. Il nostro conducente ci sale sopra mentre noi rimaniamo in macchina. Beh, i nostri sguardi interrogativi e divertiti allo stesso tempo mentre il mezzo ci caricava, prima lentamente, per poi alla fine assestarci e stabilizzarci su di sé, me li ricorderò per sempre! Nessuno di noi sapeva difatti come avrebbe fatto, e come avremmo viaggiato da lì in poi, ma il non sapere rendeva il tutto più sorprendente per me! Una volta caricati, ecco che ripartiamo per la stazione più vicina a quel punto. “Ma quelli sono i “colli bolognesi” di Cremonini?” aveva chiesto un viaggiatore. Oh si, erano proprio loro, ed io ci stavo “andando in giro” su una macchina caricata sul carro attrezzi, altro che vespa! Una volta arrivati alla stazione, scendemmo dai veicoli e salutammo il conducente, un po’ rammaricato per l’episodio. Per me in realtà si trattava solo di una bellissima (dis)avventura: ritrovarsi in un paesino di poche anime e dal nome assai buffo (Puzzola), immerso tra le colline bolognesi che a me erano sconosciute, ed in cui l’unico suono percepibile, a parte le rare macchine erano le nostre voci. Quelle immagini, così come quella di me e degli altri viaggiatori, disorientati e divertiti, con zaino in spalla ed alla ricerca di qualche “segno di civiltà” o semplicemente di un baretto in cui sostare, in attesa del prossimo treno per Bologna, saranno solo alcuni dei miei ricordi di viaggio più preziosi, che sicuramente mi porterò sempre in valigia.
di Giorgia Marchese