La mia prima volta a Londra risale a qualche mese fa, esattamente alla fine di marzo 2017. Premetto che non dubitavo assolutamente che mi sarei innamorata di questa città. Infatti non voglio parlare dei musei che ho visitato o descriverne le bellezze architettoniche e i meravigliosi parchi. Voglio raccontarvi invece quello che mi ha subito colpito di questa metropoli.
Intanto, devo dire che il clima ci ha sorriso. Si sa che a Londra piove spesso e che la temperatura non è esattamente tropicale. Per fortuna siamo incappate in cinque giornate timidamente soleggiate di una fresca primavera. E con “fresca” intendo significare che io e la mia compagna di viaggio, abituate a temperature ben più miti, giravamo imbacuccate come mammut, con addosso improbabili cappottoni super-imbottiti che soltanto mia madre avrebbe potuto approvare. Il tutto completato da sciarpone d’ordinanza, lunghe abbastanza da circumnavigare il nostro collo per almeno una decina di volte. Decisamente poco affascinanti. Diciamo che non abbiamo reso giustizia al clichè dell’italiano fashion e alla moda. D’altro canto, il resto della gente che affollava le strade londinesi girava abbigliata come fosse maggio in Giamaica: giacchine leggere, foulard svolazzanti, mini-abiti fioriti e rigorosamente gambe nude e al vento, che cozzavano smaccatamente con le nostre calze coprenti Tezenis 250 denari. Ma io e la mia amica siamo freddolose, e abituate a ben altre primavere, questo bisogna ammetterlo.
Andiamo avanti. Ovviamente, come per qualsiasi viaggio, è necessario munirsi di calzature comode, tipo pantofole o qualcosa di simile. Inutile dire che avevamo eroicamente infilato nel bagaglio a mano dei tacchetti strategici che avrebbero dovuto trasportarci nel magico mondo degli happy hour inglesi. Peccato che abbiano visto la luce del sole solo una volta, in occasione di una serata in un locale molto alla moda nel quale lo champagne scorreva a fiumi. Finché siamo rimaste sedute con le gambe elegantemente accavallate, il nostro tacco faceva la sua figura. Ma quando si è trattato di ritrovare la via dell’albergo, entrambe abbiamo sofferto moltissimo, dato che i nostri tacchi erano tanto tattici quanto scomodi. Infatti una volta varcata la soglia dell’hotel, ci siamo ritrovate con i piedi irrimediabilmente gonfi e ornati di vesciche rossastre, che ci hanno portato a deliberare di assestarci lungo la linea dello stracciona-style: quindi stivaletto basso, perfettamente abbinato al cappotto foderato che sfoggiavamo con allegra nonchalance. Perché a Londra, come in qualsiasi altra metropoli, si cammina, si cammina e si cammina. E hai voglia di prendere la metro. Spesso e volentieri è proprio all’interno delle stazioni che si svolge questo trekking quotidiano. Corridoi chilometrici, infiniti, eterni, ti si parano davanti agli occhi, e tu vai, vai, continui ad andare, sicura che dietro l’angolo ci sia la meta, e invece no, c’è un altro corridoio, chilometrico, infinito, eterno. Ma come direbbero gli inglesi, “Who cares”, tanto tu hai lo stivaletto da battaglia e nessuno ti può fermare. Passiamo alla parola chiave: SORRY. Come ho accennato prima, Londra è molto caotica e strapiena di gente, quindi, nonostante marciapiedi larghi quanto un’autostrada, bisogna camminare un pò a zig zag, mettere freccia se devi svoltare, guardare sempre dritto davanti a te e non perdere la concentrazione, altrimenti verrai falciata e travolta dalla folla. Per quanto si possa prestare attenzione, capiterà molto spesso di subire o addirittura elargire energici spintoni; in questi casi mantenere l’equilibrio è importante, ma ancora di più lo è scusarsi, SEMPRE. Basta una semplice parolina magica: SORRY, accompagnata se possibile da un soave sorriso, e tutto passerà.
Quindi, ricapitolando: cappotto sì, ma tacco mmm non lo so, è un bel rischio; massima concentrazione durante la deambulazione e camminata stile slalom. Nei casi estremi ricordarsi di declamare la parola chiave SORRY con espressione contrita e tutto andrà bene! Enjoy!
#disavventure
di Francesca Pola